ISSUE 16 / jul 014
IT / «Critone, dobbiamo un gallo ad Asclepio, dateglielo, non ve ne dimenticate». Questa l’ultima dichiarazione di Socrate prima che la morte arrivasse a liberare l’anima dalla tomba del corpo, secondo le intercettazioni esaminate dalla magistratura ateniese. Ma come, è cascato anche lui nella logica della transazione, proprio mentre accoglieva con serenità la propria natura transeunte? Crediamo di no, perché incaricare terzi di sacrificare un gallo a tuo nome mentre tu schiatti dopo un aperitivo mattutino alla cicuta ha un che di sarcastico, che pone Socrate al di là di quegli affarucci banali tra divini e devoti. Questi ultimi chiedono, ricevono, ringraziano, sempre timorosi di soffrire, morire, lasciare questo mondo. Socrate, nel suo aspetto vagabondo, nasconde l’eleganza del guerriero, che pure fu. E forse quell’ex voto nei minuti di recupero è solo l’ultima beffa contro il tribunale che lo accusava, tra l’altro, di non credere negli dei di Atene.
EN / “Crito, we owe a cock to Asclepius. Do pay it. Don’t forget.” These are Socrates’ last words before Death arrived to free his soul from the grave of his body, according to the records examined by Athenian court. Does it mean that he fell for the logic of transaction, exactly when he was about to experience his transient nature? We do not think so, because there is something sarcastic in Socrates appointing somebody to sacrifice a cock on his behalf when he is about to die because of a morning hemlock-flavoured drink and this sarcasm puts Socrates beyond those trivial things between gods and worshippers. Worshippers demand, receive and thank, constantly afraid of suffering, dying, leaving this world. Socrates has the elegance of a warrior, which he was. And maybe that last minute ex voto was just the last joke against the court which was accusing him not to worship the Athenian Gods.